sempre da DAGOSPIA:
Stefano Folli per Il Sole 24 Ore
Il numero dell'Economist che presenta in copertina una foto del presidente del Consiglio sormontata dalla parola italiana «Basta» non ha bisogno di commenti. Il suo significato non potrebbe essere più chiaro: «È ora di licenziare Berlusconi» . E si possono immaginare le polemiche da destra su questa pretesa di dire agli italiani come devono votare. Ma a sfogliare il settimanale inglese si scopre dell'altro. Lo scetticismo verso un eventuale governo Prodi è notevole.
Per la prima volta l'Economist getta lo sguardo verso il prossimo futuro e i risultati non sono incoraggianti. Si dubita che l'Italia governata dall'Unione «possa essere molto meglio» di quella gestita dal centrodestra. «La cosa più preoccupante si legge è che se Prodi vince le elezioni sarà sicuramente dipendente dal sostegno dei suoi partner di coalizione che sono attivamente ostili alle riforme, soprattutto i comunisti guidati da Fausto Bertinotti». Non è un viatico incoraggiante. Ma ormai mancano due giorni al voto e il centrosinistra vede profilarsi la vittoria. Può darsi che si tratti di un'illusione e in tal caso il risveglio, lunedì pomeriggio, sarà terribile. Ma l'impressione è che la coalizione prodiana non sia mai stata così vicina a riprendersi Palazzo Chigi. Dunque, è logico che gli osservatori, interni ed esteri, comincino a guardare avanti.
In realtà il primo interrogativo da suggerire a Prodi e alla sua alleanza, già convinta di aver vinto, è un altro. Come potrà sopravvivere una coalizione così frastagliata all'uscita di scena del suo nemico storico Berlusconi, l'uomo che in questi ultimi dodici anni ha dominato, in un modo o nell'altro, la scena italiana e ha cementato il centrosinistra? Le infinite contraddizioni dell'Unione allargata sono sempre state sull'orlo di esplodere. Ma non è mai successo. Si sono anzi stretti nuovi patti e si sono sottoscritti programmi comuni. Le primarie di Romano Prodi hanno portato in piazza più di quattro milioni di cittadini. E tutto questo per un solo motivo: perchè a Palazzo Chigi c'era un signore di nome Berlusconi da sloggiare al più presto. Questo è esattamente il tema della campagna elettorale. Il programma di 280 pagine della sinistra è di difficile lettura nella sua vaghezza. Ma quasi nessuno vota l'Unione per quel testo fluviale. Bensì per sconfiggere Berlusconi.
Il presidente del Consiglio, l'uomo che ha dominato un ciclo politico di ragguardevole lunghezza, è il nemico con la N maiuscola. Facendo le debite proporzioni, è il Napoleone che tiene insieme, coalizzandoli, i grandi imperi europei. L'11 aprile questo personaggio potrebbe uscire di scena e il centrosinistra dovrà governare l'Italia avendo perso il suo «collante». I dubbi dell'Economist derivano da un'analisi pacata delle differenze che dividono al suo interno l'alleanza prodiana. E anche da perplessità sulla capacità del nuovo premier di assicurare all'Italia una leadership efficace.
Ma si omette un particolare rilevante. Dieci anni fa, nel ' 96, Berlusconi fu sconfitto ma era sempre lì, incombente: pronto a riorganizzare la sua coalizione e a tornare in campo. Questo aiutava il centrosinistra a trovare un'identità. Un'identità in chiave anti Berlusconi. Domani non sarà più così. Per la prima volta il capo della destra, in caso di sconfitta, sarà fuori gioco. Questo può provocare nel medio periodo una gigantesca crisi di identità all'interno del centrosinistra. Imponendo alle diverse componenti di ridefinirsi in altro modo. Sarà la prossima pagina della storia.
[Modificato da icsicsxx 07/04/2006 12.43]
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"sono abituato a prendere sul serio anche me stesso quando scrivo vaccate... quindi prendo sul serio qualsiasi idiota come me"
(citazione dalle opere di QED, poeta Parmigiano del secolo scorso, non si sa se ancora in vita)