Dal carcere di Regina Coeli, Stefano Ricucci allunga l’ombra dei berlusconiani sulla sua scalata a Rcs. Ammette di avere cercato garanzie, di avere chiesto aiuto, dice di averne ricevuto. Fa i nomi di alcuni politici. Illustra la rete dei rapporti. Non è un caso infatti che subito dopo aver interrogato l’immobiliarista, i pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli ieri abbiano deciso di ascoltare come persona informata sui fatti il senatore di Forza Italia, Romano Comincioli, eletto a Lodi nella precedente legislatura, considerato dagli inquirenti un anello di congiunzione tra Ricucci e l’ex premier Silvio Berlusconi.
In alcune conversazioni intercettate dalla procura di Milano, Ricucci sollecitava Comincioli, chiamandolo «zio Romi», a chiedere all’ex premier cosa pensasse della sua scalata a Rcs. Poi è toccato a Ubaldo Livolsi, banchiere d’affari già ad di Fininvest, uomo della squadra di Berlusconi, che è stato advisor finanziario di Ricucci nelle prime fasi della scalata al gruppo Rizzoli-Corriere della Sera. Ovviamente Livolsi ammette ai pm di avere lavorato alla scalata, «abbiamo fatto degli approfondimenti, studiato la fattibilità dell’operazione».
Nell’audizione durata circa un’ora e mezza conferma sostanzialmente quanto dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera nell’agosto scorso. «Abbiamo lavorato al progetto, cercato forze da aggregare». Quanto al presunto interesse di Silvio Berlusconi circa l’operazione Rcs, il banchiere d’affari ribadisce: «Non mi pare che lui e Ricucci possano essere considerati così vicini». L’estate scorsa aveva dichiarato: «Ricucci non è una pedina del gioco del Cavaliere». E sempre in agosto durante una chiacchierata con Milano Finanza, Livolsi affermava di occuparsi della scalata di Ricucci per sottrarlo all’attrazione gravitazionale del centrosinistra, di Banca Intesa, di Giovanni Bazoli. Nessuno davanti ai pm ha negato contatti di lavoro. E ai magistrati gli scenari in cui è maturata la corsa di Ricucci appaiono sempre più chiari. Gli stessi personaggi ricorrono nelle tre scalate dell’estate scorsa, stessi banchieri, stessi finanzieri sorpresi a discutere al telefono di Antonveneta, Bnl, Rcs.
Ma la partita per il controllo del gruppo editoriale è così importante da meritare un ampliamento della consueta rete di rapporti. Dalle intercettazioni disposte a Milano e dalla collaborazione dell’ultima ora di Ricucci emerge un quadro intermedio tra affari e politica incarnato da Comincioli, compagno di scuola di Berlusconi e factotum del Cavaliere, e da Livolsi, consigliere personale per gli investimenti della famiglia di Arcore.
Sarebbe il senatore Comincioli l’intermediario tra Ricucci e Berlusconi. Il 5 luglio 2005 l’immobiliarista chiama «zio Romi», scalpita per incontrare il premier: «Mica posso aspettare sette giorni per dirgli una cosa...Deve intervenire lui direttamente altrimenti non c’è via d’uscita, è importante che lo incontri perché devo dirgli delle cose che nemmeno Livolsi conosce». Sono i giorni in cui Livolsi lavora sulla possibilità di cooptare soci esteri, giorni in cui entra in scena Alejandro Agag, genero dell’ex premier spagnolo Aznar. Il 17 luglio scorso, Ricucci dice a Livolsi: «Ho parlato con Alejandro ed è andata molto bene». Livolsi risponde: «L´importante è che risulti un’operazione fatta assieme in modo che risulti sia il socio finanziario che quello industriale». Proprio come nell’appunto sui "soci occulti" sequestrato a Zagarolo. Oggi altre audizioni di parlamentari.
=;disperat
_______________________________________________________________________________________________
"Poesie del vento e delle cascate", solo su cazzariland.com
