il picconatore da "dagospia"

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icsicsxx
00giovedì 8 giugno 2006 08:17
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Francesco Cossiga:

Caro Direttore, ha molto meravigliato non pochi, vedo Lei compreso, e da molti sono stato rimbrottato apertamente per il fatto che io abbia difeso la concessione della grazia a Bompressi ed auspichi la concessione della stessa anche ad Adriano Sofri, entrambi condannati dopo un lungo iter processuale per l’uccisione del commissario Calabresi, nonostante sia un ammiratore del fedele e coraggioso servitore dello Stato e amico della sua famiglia.

Il Bompressi è gravemente ammalato, ammalato gravemente è anche Sofri che, conoscendo personalmente, io credo peraltro innocente. Ma vi sono altri motivi per sostenere la concessione della grazia per entrambi, e che io concederei anche al loro compagno che non ha voluto perdere la sua libertà e si è dato alla latitanza.
Uno dei loro compagni, persona degnissima, capo del servizio d’ordine di Lotta Continua, fa parte del governo in posizioni di potere delicatissime (Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia, ndDagospia).

D’altronde anche se essi fossero colpevoli, il fatto dolorosissimo troverebbe fortissime attenuanti nella cultura dell’epoca e nel consenso o giustificazione larga che fu fatta della lotta armata.

Infatti, cinquanta esponenti del mondo dell’arte, della cultura e dello spettacolo, nell’ottobre del 1971 inviarono una lettera aperta al procuratore della Repubblica di Torino che aveva denunciato direttori e militanti di Lotta Continua per istigazione a delinquere. Nella lettera aperta si leggeva: “Testimoniamo pertanto che, quando i cittadini da lei imputati affermano che in questa società “l’esercito è lo strumento del capitalismo, mezzo di repressione della lotta di classe”, noi lo affermiamo con loro. Quando essi dicono “se è vero che i padroni sono dei ladri, è giusto andarci a riprendere quello che ci hanno rubato”, lo diciamo con loro. Quando essi gridano “lotta di classe, armiamo le masse”, lo gridiamo con loro. Quando essi si impegnano a “combattere un giorno con le armi in pugno contro lo Stato fino alla liberazione dai padroni e dallo sfruttamento”, ci impegniamo con loro.”

Ecco i nomi dei firmatari di questa, in realtà abbastanza comune e coraggiosa, visione della lotta armata, che si impegnavano, anche se solo in senso intellettuale e morale, a combattere con le armi in pugno: Enzo Paci, Giulio A. Maccacaro, Elvio Fachinelli, Lucio Gambi, Marino Barengo, Umberto Eco, Paolo Portoghesi, Vladimiro Scatturin, Alberto Samonà, Lucio Colletti, Tinto Brass, Paolo Pernici, Giancarlo Maiorino, Francesco Leonetti, Manfredo Tafuri, Carlo Gregoretti, Giorgio Pecorini, Michele Canonica, Paolo Mieli, Giuseppe Catalano, Mario Scialoja, Saverio Tutino, Giampaolo Bultrini, Sergio Saviane, Serena Rossetti, Franco Lefevre, Elio Aloisio, Alfredo Zennaro, Giovan Battista Zorzoli, Cesare Zavattini, Bruno Caruso, Mario Ceroli, Franco Mulas, Emilio Garroni, Nelo Risi, Valentino Orsini, Giovanni Raboni, Luciano Guardigli, Franco Mogni, Giulio Carlo Argan, Alessandro Casilin, Domenico Porzio, Giovanni Giolitti, Manuele Fontana, Giuseppe Samonà, Salvatore Samperi, Pasquale Squitieri, Natalia Ginzburg, Tullio De Mauro, Francesco Valentini.

Furono inoltre più di ottocento i rappresentanti della cultura italiana che sottoscrissero in più riprese un documento pubblicato sull’Espresso il 13 giugno 1971, documento in cui Calabresi veniva definito un “commissario torturatore” e il “responsabile della fine di Pinelli”.

Fra gli ottocento, c’erano i filosofi Norberto Bobbio, Lucio Colletti e Lucio Villari; gli uomini più prestigiosi del cinema italiano, e cioè Federico Fellini, Mario Soldati, Cesare Zavattini, Luigi Comencini, Liliana Cavani, Giuliano Montaldo, Bernardo Bertolucci, Carlo Lizzani, Paolo e Vittorio Taviani, Duccio Tessari, Gillo Pontecorvo, Marco Bellocchio, Salvatore Samperi, Ugo Gregoretti, Nanni Loy; i poeti Pier Paolo Pasolini, Giovanni Raboni e Giovanni Giudici; i pittori Renato Guttuso Andrea Cascella, Ernesto Treccani, Emilio Vedova, Carlo Levi; gli editori Vito Laterza, Giulio Einaudi, Inge Feltrinelli; gli storici Franco Antonicelli e Paolo Spriano; i critici Giulio Carlo Argan, Gillo Dorfles, Morando Morandini, Fernanda Pivano; il musicista Luigi Nono; la scienziata Margherita Hack; gli architetti Gae Aulenti, Gio Pomodoro, Paolo Portoghesi; gli scrittori Alberto Moravia, Umberto Eco, Domenico Porzio, Dacia Maraini, Enzo Siciliano, Alberto Bevilacqua, Franco Fortini, Angelo M. Ripellino, Natalino Sapegno, Primo Levi, Enzo Enriques Agnoletti, Lalla Romano; i politici Umberto Terracini, Giorgio Amendola, Giancarlo Paietta; i sindacalisti Giorgio Benvenuti e Pierre Carniti; i giornalisti Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Furio Colombo, Mauro Calamandrei, Livio Zanetti, Sergio Saviane, Giuseppe Turani, Carlo Mazzarella, Andrea Barbato, Vittorio Gorresio, Carlo Rognoni, Giampiero Borella, Camilla Cederna, Tiziano Terzani. E poi ancora Bruno Zevi, Grazia Neri, Toni Negri, Franco Basaglia, i fratelli Carlo e Vittorio Ripa di Meana, l’attrice Paola Pitagora.
(Ovidio Bompressi)

Che dei ragazzi, mai militanti del partito comunista italiano e quindi d’orientamento utopico e avulsi dalla storia e dalla realtà concreta del movimento operaio, sbagliando, ma dietro la testimonianza di personalità altissime, possano avere ritenuto di compiere un “atto di giustizia” uccidendo il commissario Calabresi, è cosa comprensibile: e questa comprensione si deve tramutare in atti di clemenza, oggi nella forma della grazia e domani, mi auguro, nella concessione di una vasta amnistia, nella quale comprendere anche i reati compiuti in atti militari dalla sovversione di sinistra e della eversione di destra

Con cordiali saluti
Francesco Cossiga

icsicsxx
00giovedì 8 giugno 2006 08:20
quoto pienamente il presidente; in quell'epoca l'opinione di intellettuali e piazze costituiva sentenza definitiva e gli esecutori non facevano altro che applicare ciò che gli era stato ordinato;

ultimamente si stà un pò risvegliando questa tendenza......

pippo2001
00giovedì 8 giugno 2006 08:37
eh?
icsicsxx
00giovedì 8 giugno 2006 08:48
lei lo tradiva con il suo migliore amico......

dr.Burt
00giovedì 8 giugno 2006 10:22
Re:

Scritto da: icsicsxx 08/06/2006 8.20
quoto pienamente il presidente; in quell'epoca l'opinione di intellettuali e piazze costituiva sentenza definitiva e gli esecutori non facevano altro che applicare ciò che gli era stato ordinato;

ultimamente si stà un pò risvegliando questa tendenza......




Oggi sentenze definitive da parte della magistratura è difficile averne, non siamo tutti uguali davanti alla legge, eh.
C'è molta voglia di revisionismo e restaurazione, questo si ma per fortuna esecutori non ce ne sono.
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