interrogatori di Fiorani

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00venerdì 19 maggio 2006 18:49
Marco Mensurati e Ferruccio Sansa per la Repubblica

Un cd rom, diciotto interrogatori dell’ex presidente di Banca Popolare Italiana, Gianpiero Fiorani, dodici del suo braccio destro Gianfranco Boni. È questo il materiale depositato ieri dalla Procura di Milano in vista dell’interrogatorio-fiume dei due protagonisti della scalata Antonveneta, che inizierà venerdì prossimo davanti al giudice Clementina Forleo e alla presenza dei legali degli altri inquisiti. Le dichiarazioni di Fiorani e Boni vengono così alla luce ufficialmente. In larga parte sono ormai note. Ma vi sono rivelazioni inedite: sui rapporti tra Fiorani e i Ds, sui legami con il Vaticano, sulla compiacenza dell’Ufficio Italiano Cambi. E così pure sulle talpe nella Guardia di finanza, sui politici arruolati da Fiorani e sugli stanziamenti per finanziarli sottobanco.

LA SEDE DELL’UNITA’ - Fiorani racconta delle numerose richieste di soldi che gli arrivavano da Giovanni Consorte, allora presidente di Unipol: soldi destinati in buona parte a finire nelle tasche di Consorte e del suo vice, Ivano Sacchetti. Ma aggiunge che fu Consorte a chiedergli di aiutare un’immobiliare dei Ds vicina al tracollo, rilevando l’immobile che ospitava la redazione e la tipografia milanese dell’Unità. Verbale del 28 dicembre: «Voglio segnalare un’ulteriore operazione con Consorte. Si tratta della società Beta Immobiliare, dell´area diessina, società che era in grave crisi finanziaria ed era esposta anche nei confronti di Bpi. Consorte mi chiese di evitare che questa società arrivasse al fallimento. Fu così che io trasformai il nostro credito nell’acquisto di un immobile in viale Fulvio Testi a Milano. L’operazione venne chiusa anche con l’intervento nella società Tosinvest che faceva capo ad Angelucci».

ARRIVA DON GINAMI - Quando nelle intercettazioni era apparso il nome di tale «don Gigi» qualcuno aveva ipotizzato che si potesse trattare di Luigi Ginami, sacerdote vaticano, intimo dell’ex governatore di Banca d´Italia, Antonio Fazio. Ginami aveva smentito con forza: «Non sono io». E invece Fiorani parla proprio di lui. Interrogatorio del 27 marzo, il pm chiede: ne aveva parlato anche con Ginami? «Sì, assolutamente». Questo Ginami è solo un prete o ha un ruolo di consulente finanziario del Vaticano? «Me lo sono chiesto anch’io tante volte. Secondo me è uno che gli piaceva essere dentro l´operazione, essere coinvolto nel mondo finanziario. Il ruolo che aveva nel Vaticano era un ruolo di assistente del Papa, perché è uno di coloro che gli scrivevano i discorsi. Il suo legame col Governatore era strettissimo. Il legame con Geronzi strettissimo. Ha celebrato le nozze del figlio di Geronzi. A lui piaceva occuparsi un po’ del mondo finanziario, essere inserito e informato in queste vicende». Quindi si ricorreva a lui per avere aiuto, consiglio? «Era lui, quasi, che si candidava».

L’ISPEZIONE DELL´UIC - Fiorani racconta di come addolcì, accogliendo una serie di raccomandazioni del dirigente Franco Cenci, l’ispezione dell’Ufficio Italiano Cambi alla Bpi. Verbale del 27 marzo. Ha avuto rapporti con Cenci? «Sì, due o tre rapporti. Poi ha telefonato a Pezzini per suggerire lo studio di Victor Uckmar dove lavorava il figlio per fare la bozza di risposta ai loro accertamenti obiettivi. Cenci ha chiamato prima me e mi ha chiesto un appuntamento, mi ha detto che qui tutto sommato dovete prepararvi per una risposta fatta molto bene».

L’Uic - chiedono i pm - vi aveva fatto gravi rilievi? «Quando l’Uic va in una banca li fa sempre. Detto francamente i nostri non sembravano particolarmente rilevanti, però lui ha detto: "Qui ci vuole uno studio che sia adeguato per poter elaborare", allora gli ho detto "se lei ha già qualche nominativo". Così contattammo lo studio Uckmar dove lavorava il figlio di Cenci». Cenci aveva anche il fratello che lavorava nella Bormioli? «Sì, fa il centralinista e Cenci mi ha telefonato non so quante volte per dirmi se potevo spostare, di poterlo confermare in un ruolo diverso rispetto a quello che aveva». Ha accolto questa richiesta? «Sì, ho dato un bigliettino tramite uno per dire vedi cosa puoi fare per questo tizio. Cenci era sistematico e ricorrente, potrei dire massacrante. Chiamava per il fratello, per il figlio, per un collega che lui riteneva meritevole di fiducia dal Governatore e voleva che spendessi qualche parola, un collega che poteva essere promosso». E comunque gli ispettori non hanno trovato nulla di quello che si doveva trovare? «Di quello che avete scoperto voi alla fine non hanno trovato nulla».

LE TALPE DELLE INTERCETTAZIONI - Il 24 gennaio Boni spiega così ai pm come venne a sapere delle indagini a suo carico. «Il 22.7.2005 ricevo nelle prime ore del mattino una telefonata da parte di Sacchetti, il quale mi dice che ha necessità di parlarmi e mi indica la sua utenza telefonica fissa privata, sottolineando la necessità che io lo chiami, a mia volta, da un telefono sicuro. Nel corso della telefonata Sacchetti mi avverte del fatto che la mia utenza cellulare è intercettata come anche quella di Fiorani. Ma riguardo a me aggiunge una circostanza che io sapevo non essere vera. Secondo Sacchetti io ero stato addirittura seguito dalla Guardia di finanza in una trasferta a Montecarlo, con i fratelli Bassani, finalizzata alla vendita di una barca. Sacchetti, non ricordo se su mia richiesta, mi indicò la sua fonte dicendomi che si trattava di un generale e mi sottolineava che la fonte era più che attendibile. Io ne parlai a Fiorani. Riscontrai che ne era a conoscenza, anzi a mia richiesta mi precisò che si trattava del generale Speciale (comandante generale delle "fiamme gialle", ndr). Ricordo questo nome, perché inizialmente io avevo creduto che Speciale fosse una qualifica e non il cognome del generale». Interrogato sul punto, Fiorani dirà che la sua confidenza a Boni sul nome della "talpa" era «una battuta».

IL 40 PER CENTO ANDAVA AI POLITICI - Il 4 gennaio i pm contestano a Boni le dichiarazioni di Silvano Spinelli, commercialista e, secondo l’accusa, prestanome di Fiorani «relative all’impiego dei fondi della cassa nera gestita dallo stesso Spinelli ed alimentata dai prelievi effettuati sui conti di una serie di clienti privilegiati. In particolare comunica che Spinelli ha suddiviso gli utili della cassa nera in tre quote: 1) quanto al 20% circa retrocesso ai predetti clienti; 2) quanto al 40% circa utilizzato per arricchimenti personali; 3) quanto al residuo 40% utilizzato quale "fondo" a disposizione di Fiorani per il pagamento della protezione politico-istituzionale della banca».

Risponde Boni: «Confermo che il motivo per cui si era creata questa sorta di fondo riservato dell’Amministratore Delegato è quello che indica Spinelli e cioè di effettuare all’occorrenza pagamenti riservati a uomini politici e delle istituzioni». E elenca diversi episodi. «Nel 2005 l’esigenza primaria di Fiorani era quella di aggregare un consenso sull’operazione Antonveneta. Era la prima volta che entravo al Senato ed anzi rimasi colpito, quasi spaventato, dal constatare che Fiorani si muoveva come se fosse a casa sua dal momento che tutti lo conoscevano, dai commessi ai Senatori. Fiorani mi fece strada nell’ufficio di Pedrizzi, senatore di Alleanza Nazionale il cui figlio ricopre diverse cariche quale consigliere nelle società del gruppo Bpl. Il vero motivo dell’incontro era la richiesta che Fiorani avanzò di creare un collegamento con il Presidente Cardia della Consob al quale Pedrizzi era vicino.

Ricordo che Cardia venne chiamato davanti a noi e Pedrizzi raccomandò la nostra Banca e l’operazione che stavamo conducendo chiedendo attenzione e condivisione. Terminata la telefonata ci recammo nell’ufficio di Tarolli il quale, chiamò e ci fece conoscere anche il coordinatore economico della Margherita, del quale non ricordo il nome. Con entrambi parlammo del progetto di aggregazione di Reti Bancarie ed Antonveneta e spiegammo i termini dell’operazione. Poi ci recammo a Montecitorio dove Fiorani mi disse di aspettarlo. In particolare affermò: "Sto andando da Giorgetti per lasciargli giù dei soldi"». In un interrogatorio successivo, Fiorani dirà che Giorgetti, dopo avere incassato il denaro, lo restituì.

IL RECORD MONDIALE DI CREDIEURONORD - «Fiorani si aggirava con un foglio di parlamentari che stava contattando per convincerli ad appoggiare Fazio. Nel corso della telefonata dal bagno (del Parlamento, ndr), aveva detto che era riuscito a convincere La Malfa mentre stava tentando in tutti i modi di convincere anche Tabacci che era il più resistente. Devo aggiungere che Fiorani sosteneva che i suoi principali punti di riferimento, ovviamente d´accordo con lui nel sostenere Fazio, erano Alemanno e Giorgetti. Mentre nulla so dei suoi rapporti con Alemanno, confermo che con Giorgetti e la Lega Nord avevamo realizzato l’operazione di salvataggio della banca Credieuronord e che tale salvataggio era finalizzato ad ottenere il consenso del partito Lega Nord sulla posizione del mandato a termine per il Governatore. Ricordo che di questa storia me ne parlò Fiorani quando mi mise a parte della necessità di acquistare la banca che a fronte di 40 milioni circa di impieghi presentava otto milioni di sofferenze. Risposi che si trattava di un record mondiale».

LA CENA DA FAZIO - Racconta Boni: «In quelle riunioni dovevo fare una esposizione dei fatti dettagliata. Ciò nonostante nel salutarci Fazio diceva ogni volta: "Fate le cose per bene, rispettate la legge". Tanto è vero che in più di un’occasione ho detto a Fiorani: ma perché il Governatore ci dice di rispettare la legge quando noi gli esplicitiamo come la stiamo violando? Fiorani mi diceva: "stai tranquillo, non preoccuparti"».


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