la repubblica si dissocia....

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00lunedì 24 aprile 2006 18:33

Giovanni Valentini per “la Repubblica”


Si può anche capire che un comunista ortodosso e praticante come Fausto Bertinotti, non avendo grande consonanza con le regole del capitalismo e del mercato, arrivi a prospettare incautamente un "ridimensionamento di Mediaset" quasi fosse un atto di giustizia sociale, una sorta di esproprio proletario, l´abbattimento di un ecomostro mediatico. La sua è la cultura, e la logica, della sinistra antagonista. Ma non può essere questo l´approccio di un sano riformismo alla "questione televisiva", con tutte le anomalie pubbliche e private che si trascina dietro da anni. A parte il fatto che una sortita così maldestra rischia di complicare ora la candidatura di Bertinotti alla presidenza della Camera, e forse anche di ridimensionare – appunto – le sue presenze nei tg e sulle reti Mediaset, la proposta appare francamente tanto velleitaria quanto impraticabile.

E nello stesso tempo, minaccia di danneggiare l´immagine già incerta e precaria di questo centrosinistra allo stato nascente, condizionato oggettivamente proprio dall´ipoteca comunista e dal potere contrattuale (per non dire peggio) che Rifondazione non ha esitato a far valere nemmeno al tavolo delle più alte cariche istituzionali.

Cerchiamo, allora, di ridimensionare subito il supposto "ridimensionamento di Mediaset" e con ciò le paure, gli allarmi, le reazioni che un´ipotesi del genere è destinata fatalmente a suscitare nello schieramento di centrodestra, imperniato sul partito-azienda di Silvio Berlusconi, ma anche all´interno dello stesso centrosinistra o almeno nelle sue componenti più mature e responsabili. Per evitare equivoci o sospetti di opportunismo, proviamo a farlo con le stesse parole usate sabato su questo giornale: "Mediaset è una grande azienda e va rispettata, anzi tutelata, difesa dalla sua stessa ingordigia: nell´interesse di chi lavora, innanzitutto, poi dei suoi azionisti e dei suoi telespettatori".

Non è, dunque, in risposta all´esternazione di Bertinotti, nel tentativo di spegnere l´incendio appiccato dalle sue dichiarazioni o di prestare magari un malinteso "soccorso rosso", che ribadiamo oggi l´esigenza di affrontare la questione in termini di sistema, di tutto il sistema dell´informazione: televisione, radio, giornali, Internet e quant´altro. Sappiamo bene che Mediaset, in quanto concentrazione televisiva e pubblicitaria, è un´anomalia privata speculare a quella pubblica rappresentata dalla Rai. E sappiamo anche che questo duopolio, come hanno ammonito più volte il Capo dello Stato, la Corte costituzionale, le Autorità di garanzia e perfino l´Unione europea, non è compatibile con un assetto equilibrato dell´intero settore.

Piuttosto che "ridimensionare" Mediaset, si tratta in realtà di ridimensionare lo strapotere della tv - pubblica e privata - nel nostro Paese, l´unico al mondo in cui questa detiene una quota della torta pubblicitaria superiore a tutta la carta stampata messa insieme. Si tratta, cioè, di decongestionare e articolare l´intero mercato, in modo da favorire il pluralismo e la libera concorrenza. Ma per raggiungere un tale obiettivo non occorre la rivoluzione: basta applicare un´equa normativa antitrust, come in qualsiasi democrazia economica, secondo i canoni e le regole del capitalismo.

Il centrodestra non aveva alcun interesse a realizzarla e infatti nell´ultima legislatura ha prodotto una riforma televisiva che va in direzione opposta e grida vendetta al cielo. Il centrosinistra non era riuscito a farlo in quella precedente, quando aveva un´ampia maggioranza parlamentare. Auguriamoci che sia capace di approvarla adesso, con l´esiguo margine di cui dispone nelle due Camere, cercando l´intesa più larga nell´interesse generale di tutti i cittadini.

insomma:
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