Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
L'antiandreottismo della Lega si sta ridimensionando. I segnali continuano a essere studiatamente contraddittori. Ma l' ipotesi di un incontro fra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, favorito dal ministro Giulio Tremonti, potrebbe portare i lumbard a optare per il senatore a vita: anche se non al primo scrutinio. Su Franco Marini, però, l' Unione appare compatta. Ieri, al quartier generale capitolino di Romano Prodi, sembravano tranquilli: «Stiamo contando i voti. Non ci saranno defezioni. Passa Marini». È una sicurezza accompagnata dall' anatema contro Andreotti, lanciato da chi non ha mai accettato l'assoluzione dell' ex presidente del Consiglio per le imputazioni di mafia; e punta il dito sulla prescrizione di alcuni reati a lui attribuiti. «In politica non esiste prescrizione», infierisce l' ex pm Antonio Di Pietro. «Non potremmo neppure accettare la possibilità di un dialogo con il centrodestra sulla figura di Andreotti».
Le sue parole confermano un gioco pesante, e comprensibile: in palio non è soltanto la seconda carica dello Stato, ma lo stesso esecutivo. La vittoria di Marini permetterebbe a Prodi di presentarsi entro l'inizio di maggio al Quirinale, confortato da una maggioranza vincente anche lì dove lo scarto rispetto all'opposizione è minimo. E gli consentirebbe di ottenere da Carlo Azeglio Ciampi l'incarico di formare il governo. Quando il candidato premier spiega di dover essere pronto nel momento in cui sarà chiamato, sembra alludere a questa prospettiva. Ma se la spuntasse Andreotti, tutto tornerebbe in alto mare.
Difficilmente il centrosinistra potrebbe rivendicare palazzo Chigi. Ciampi si convincerebbe ancora di più dell'esigenza di lasciare il compito al nuovo capo dello Stato. L'incertezza durerà fino all' inizio delle votazioni, previste per venerdì pomeriggio. Ma sabato sarà superata comunque, perché dopo il terzo scrutinio passa chi ottiene la maggioranza dei voti dei presenti: non è più necessario il quorum di 162 senatori. L'Unione ce la può fare. I numeri, per quanto esigui, la avvantaggiano; e il timore di terremotare la maggioranza riduce le possibilità di sorprese.
Qualche ombra, tuttavia, rimane. Gli strascichi della candidatura fallita di Massimo D'Alema, diessino, alla Camera; le ambizioni ministeriali di Clemente Mastella, non ancora soddisfatte; e perfino qualche resistenza strisciante sulla prospettiva di due ex sindacalisti ai vertici delle Camere. Si dice che lo stupore di Andreotti per la mancata candidatura di Nicola Mancino, ex presidente del Senato, rifletta maliziosamente perplessità diffuse a livello istituzionale. E c' è da chiedersi se il sostegno a Marini del radicale Marco Pannella e della Rosa nel pugno finirà per favorirlo o danneggiarlo. L' Udeur si mostra infastidita per i sospetti contro Mastella: sarebbe il tentativo di «individuare preventivamente il capro espiatorio di un eventuale insuccesso».
E Andreotti, per ora, non molla. Giovedì presiede un convegno su Pio XII all' Università Lateranense: quasi a sottolineare che al di là del Tevere tifano discretamente per lui.
la cosa si fà sempre più interessante (NDC)
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Al buio tutti i semafori sono neri... (m3t4llica)
"sono abituato a prendere sul serio anche me stesso quando scrivo vaccate... quindi prendo sul serio qualsiasi idiota come me"
(citazione dalle opere di QED, poeta Parmigiano del secolo scorso, non si sa se ancora in vita)