Niente appello per chi è assolto. Dal Cavaliere agli islamici, ecco tutti i beneficiari
L'Associazione Nazionale Magistrati:"La maggioranza ha fatto terra bruciata della giustizia penale"
La riforma dell'appello (la cosiddetta "legge Pecorella" che prevede l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione) ha ottenuto stamane, quattro mesi dopo il sì della Camera, anche il voto definitivo da parte del Senato. Hanno votato a favore i senatori della Cdl, mentre l'opposizione ha votato contro, accusando la maggioranza di essere "servi del loro padrone". Appresa la notizia, il primo presidente della Cassazione, Nicola Marvulli, si è detto "sbigottito": "Una simile iniziativa legislativa distrugge la funzione assegnata alla Suprema Corte". Prevedibile la reazione dell'Associazione nazionale magistrati: la legge "è la coda velenosa di una legislatura nella quale la maggioranza di governo ha fatto praticamente terra bruciata della giustizia penale", afferma il vicesegretario, Nello Rossi.
Sull'impatto delle nuove regole, quando la legge sarà promulgata, Marvulli si augura "che ci sia particolare attenzione ai problemi organizzativi legati a questo disastroso evento", e parla di "una legge contraria a quanto disposto dallo stesso Parlamento il 14 maggio del 2005", quella sul processo civile in Cassazione. Di fatto, nel settore civile ci si comporterà in un modo, nel penale in un altro.
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Dal premier agli islamici accusati di terrorismo, i beneficiari della legge
Era tutto pronto: individuata la sezione, depositate le carte. Al processo d'appello a Silvio Berlusconi per gli affari Squillante e Sme mancava solo la fissazione della data d'inizio, probabilmente subito dopo le elezioni. E al premier sarebbe toccato tornare a difendersi dalle accuse lanciate contro di lui da Stefania Ariosto e dall'arido linguaggio delle rogatorie che per la procura dimostravano il suo ruolo nelle mazzette smistate da Cesare Previti ai giudici di Roma. Invece salta tutto. Il processo d'appello non si farà. La legge approvata ieri in via definitiva dal Senato cancella i processi di secondo grado per tutti i casi in cui l'imputato sia uscito incolume dal primo giudizio.
E proprio questo è ciò che accadde il 10 dicembre 2004, quando il tribunale presieduto da Francesco Castellano - oggi indagato per le sue "soffiate" nella vicenda Unipol - emise la sua sentenza: per la vicenda Sme Berlusconi fu assolto, per i soldi a Squillante il reato fu dichiarato prescritto. Contro entrambe le decisioni la Procura ricorse in appello. Ma la straordinaria calma con cui la Corte d'appello ha gestito la pratica - le motivazioni della sentenza venero depositate nell'aprile 2005, poi non è accaduto più nulla - ha permesso che arrivasse prima la legge Pecorella. Ora solo il vaglio della Cassazione separa il Cavaliere dalla liberazione definitiva dal più insidioso dei suoi grattacapi giudiziari.
da repubblica
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